Ricorso  ex  art.  127  della  Costituzione  del  Presidente  del
Consiglio  dei  ministri  pro   tempore,   rappresentato   e   difeso
dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui
uffici domicilia in Roma, Via dei Portoghesi n. 12,  Fax  06-96514000
pec ags.rm.@mailcert. avvocaturastato.it, 
    Contro la Regione Veneto, in persona  del  Presidente  in  carica
della Giunta regionale, con sede in Palazzo Balbi - Dorsoduro, 3901 -
Venezia. 
    Per la declaratoria  della  illegittimita'  costituzionale  della
legge regionale Veneto n.  44  del  2019  «Collegato  alla  legge  di
stabilita' regionale 2020», con riferimento agli articoli  19,  21  e
28, giusta deliberazione del Consiglio  dei  ministri  assunta  nella
seduta del giorno 23 gennaio 2020. 
    La legge regionale Veneto n. 44 del 2019 «Collegato alla legge di
stabilita' regionale 2020» (nel Bollettino Ufficiale della Regione n.
137 del  29  novembre  2019)  e'  censurabile  con  riferimento  agli
articoli 19, 21 e 28 per violazione degli articoli  3,  117,  secondo
comma, lettera 1), terzo comma, della Costituzione per i  motivi  che
si illustrano di seguito. 
        L'art. 19 aggiunge all'art. 3 della legge regionale 14 maggio
2013, n. 9, i seguenti commi: 
        «1-bis.  Il  contratto  aggiuntivo  regionale   prevede   una
specifica clausola in base alla quale: 
          a) il medico in formazione specialistica  si  impegna,  nei
cinque   anni   successivi   al   conseguimento   del   diploma    di
specializzazione, a partecipare alle procedure indette dalle  aziende
ed enti del servizio sanitario regionale veneto per  il  reclutamento
di medici che prevedano tra i requisiti  per  la  partecipazione,  la
specializzazione conseguita, ad accettare e a svolgere gli  incarichi
assegnatigli, anche come convenzionato, per un periodo complessivo di
tre anni; 
          b)  concorrono  al  computo  del   periodo   di   attivita'
lavorativa obbligatoria  presso  le  aziende  ed  enti  del  servizio
sanitario  regionale  veneto  di  cui  alla  lettera  a)  tutti   gli
incarichi, anche non continuativi, assegnati con contratti di  lavoro
di qualunque tipologia o di convenzionamento per l'accesso  ai  quali
sia richiesta la specializzazione conseguita  mediante  il  contratto
aggiuntivo regionale; 
          c) si configura inosservanza parziale  all'obbligo  di  cui
alla lettera a) la prestazione dell'attivita' lavorativa  del  medico
per un periodo inferiore a quello  minimo  complessivo  di  tre  anni
entro i cinque anni  successivi  dal  conseguimento  del  diploma  di
specializzazione; 
          d) in caso di inosservanza parziale dell'obbligo  ai  sensi
della lettera c), per causa a lui imputabile, il medico  assegnatario
del contratto  aggiuntivo  regionale  e'  tenuto  a  restituire  alla
Regione un importo pari al  15  per  cento  dell'importo  complessivo
percepito per ogni anno, o frazione superiore a sei mesi, di servizio
non prestato rispetto ai tre anni minimi previsti; 
          e) in caso di inosservanza totale dell'obbligo di cui  alla
lettera a) per causa a lui imputabile,  il  medico  assegnatario  del
contratto aggiuntivo regionale e' tenuto a restituire alla Regione un
importo pari al 50 per cento dell'importo complessivo percepito; 
          f) in caso di  risoluzione  anticipata  del  contratto  per
rinuncia al corso di  studi  il  medico  assegnatario  del  contratto
aggiuntivo regionale e' tenuto a restituire alla Regione  il  50  per
cento dell'importo complessivo percepito. 
        1-ter. La Giunta regionale effettua annualmente  verifiche  a
campione sul rispetto degli obblighi di cui al  comma  1-bis  in  una
percentuale minima di almeno il 10 per cento dei medici specializzati
assegnatari di contratti aggiuntivi regionali. 
        1-quater. Le entrate derivanti  dall'applicazione  del  comma
1-bis del presente  articolo  sono  allocate  al  Titolo  3  "Entrate
extratributarie", Tipologia 200 "Proventi derivanti dall'attivita' di
controllo e repressione delle irregolarita'  e  degli  illeciti"  del
Bilancio di previsione 2020-2022 e sono destinate al finanziamento di
contratti aggiuntivi regionali di cui alla presente  legge  (Missione
13 "Tutela della Salute", Programma 01 "Servizio sanitario  regionale
- Finanziamento ordinario corrente per la garanzia dei LEA")». 
        Al riguardo, occorre  richiamare  l'art.  37,  comma  1,  del
decreto  legislativo  n.  368  del  1999  che  stabilisce:  «all'atto
dell'iscrizione alle  scuole  universitarie  di  specializzazione  in
medicina e chirurgia,  il  medico  stipula  uno  specifico  contratto
annuale  di  formazione-specialistica,  disciplinato   dal   presente
decreto legislativo e dalla normativa per essi  vigente,  per  quanto
non previsto o comunque per quanto compatibile con le disposizioni di
cui al presente decreto  legislativo.  Il  contratto  e'  finalizzato
esclusivamente   all'acquisizione   delle   capacita'   professionali
inerenti al titolo di specialista, mediante la frequenza  programmata
delle attivita' didattiche formali  e  lo  svolgimento  di  attivita'
assistenziali  funzionali   alla   progressiva   acquisizione   delle
competenze previste dall'ordinamento didattico delle singole  scuole,
in conformita' alle indicazioni dell'Unione europea. Il contratto non
da' in alcun modo diritto all'accesso ai ruoli del Servizio sanitario
nazionale e dell'universita' o ad alcun rapporto di  lavoro  con  gli
enti predetti». Il successivo comma 2 precisa che «lo schema-tipo del
contratto e' definito con decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri, su proposta del Ministro dell'universita' e  della  ricerca
scientifica e tecnologica, di concerto con i Ministri della  sanita',
del tesoro e del  lavoro  e  della  previdenza  sociale,  sentita  la
Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le  regioni  e  le
province autonome di Trento e di Bolzano». La normativa in  questione
ha trovato attuazione nel decreto del Presidente  del  Consiglio  dei
ministri del 6 luglio 2007, con cui e' stato definito lo schema  tipo
del contratto di formazione specialistica. 
        Pertanto, emerge che l'art. 37 del decreto legislativo n. 368
del 1999  definisce  in  maniera  uniforme  su  tutto  il  territorio
nazionale i requisiti e i contenuti dei contratti  di  cui  trattasi,
disciplinando  aspetti  squisitamente  attinenti   alla   formazione;
pertanto, le clausole aggiuntive previste dal  legislatore  regionale
snaturano di fatto la ratio e l'oggetto del contratto  di  formazione
specialistica, che, appunto, ai sensi del  richiamato  art.  37,  «e'
finalizzato   esclusivamente   all'acquisizione    delle    capacita'
professionali inerenti al titolo di specialista». 
        In particolare, le clausole aggiuntive introdotte dalla legge
regionale in parola, disciplinando aspetti che  riguardano  l'accesso
al Servizio sanitario regionale, esulano  dal  contenuto  tipico  del
contratto di  formazione,  discostandosi  dai  principi  fondamentali
dettati dal legislatore statale in un ambito rientrante nella materia
delle «professioni» ovvero in  quella  della  «tutela  della  salute»
(art. 117, terzo  comma  della  Costituzione).  L'inerenza,  infatti,
delle  disposizioni  regionali   alla   materia   concorrente   delle
«professioni» ovvero a quella della «tutela  della  salute»  e'  resa
evidente dal fatto che esse afferiscono alla  formazione  del  medico
specializzando,  dalla  quale  dipendono  tanto   l'esercizio   della
professione  medica   specialistica,   quanto   la   qualita'   delle
prestazioni rese all'utenza; ed invero, entrambi questi aspetti  sono
condizionati,  sotto  molteplici  profili,  dalla  preparazione   dei
sanitari in formazione (cfr. Corte costituzionale,  sentenza  n.  126
del 2014). 
        Peraltro, i contenuti delle clausole regionali,  imponendo  -
di fatto - al soggetto beneficiario del contratto  aggiuntivo  scelte
di  carattere  strettamente  personale  (quali  la  partecipazione  a
procedure concorsuali),  si  pongono  in  contrasto  con  i  principi
costituzionali in materia di autodeterminazione negoziale (articoli 2
e 41 Costituzione). 
        D'altra  parte,  occorre  considerare  che  il  concorso  per
l'accesso  alle  scuole  di  specializzazione  medica  ha   carattere
nazionale; da cio' discende che le clausole in parola, atteso che  il
contratto  regionale  viene  stipulato  all'esito   della   selezione
nazionale,   rischia   di   risolversi    in    una    ingiustificata
discriminazione  nei  confronti  dei  soggetti  non  beneficiari  del
contratto  statale   con   conseguente   violazione   del   principio
costituzionale di uguaglianza (art. 3 della Costituzione). 
        Per completezza espositiva, si segnala che, con  la  sentenza
n. 126 del 2014, la Corte costituzionale  ha  ritenuto  infondata  la
questione di legittimita' costituzionale sollevata  dal  Governo  per
l'art. 3 della legge regionale Veneto del 14 maggio 2013, n. 9,  che,
prima dell'intervenuta integrazione ad opera della legge regionale in
esame, si articolava in un  unico  comma  del  seguente  tenore:  «il
medico   specializzando   assegnatario   del   contratto   aggiuntivo
regionale, sottoscrive apposite clausole,  predisposte  dalla  Giunta
regionale, sentita la Commissione consiliare competente, al contratto
di formazione specialistica di cui  al  decreto  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri 6 luglio 2007  "Definizione  schema  tipo  del
contratto  di  formazione  specialistica  dei   medici"   che   viene
conseguentemente adeguato a quanto previsto dalla presente legge». La
Consulta, in tale occasione, dopo aver chiarito - come sopra  esposto
- che la materia incisa e'  da  ascriversi  a  quella  di  competenza
concorrente «professioni» ovvero «tutela della salute»,  ha  concluso
nel senso di ritenere infondate le questioni di legittimita' relative
alla violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera  l),  e  3
della Costituzione, ritenendo  che  il  legislatore  regionale  fosse
«intervenuto in conformita' al decreto del Presidente  del  Consiglio
dei ministri cui rinvia la norma statale». Tuttavia,  nella  medesima
pronuncia, la Corte costituzionale ha avuto modo di chiarire, con  un
inciso finale, che «la Regione nel predisporre le clausole da apporre
ai contratti aggiuntivi da essa finanziati, dovra' farlo  in  maniera
compatibile con quanto  disposto  nello  schema  tipo  del  contratto
nazionale.» 
        L'art. 21, nell'autorizzare l'Azienda ospedale-universita' di
Padova a rideterminare, previa deliberazione della Giunta  regionale,
i fondi del personale del comparto e delle aree dirigenziali  fino  a
concorrenza del livello medio pro capite riferito all'anno  2018  dei
fondi  delle  aziende  ed  enti  del  servizio  sanitario  regionale,
interviene  in  materia  di  trattamento  economico   del   personale
contrattualizzato ponendosi in  contrasto  con  l'art.  117,  secondo
comma, lettera 1), art. 117, terzo comma, nonche' con l'art. 3  della
Costituzione. 
        Invero, secondo la consolidata giurisprudenza  costituzionale
(cfr., ex multis, Corte Costituzionale n. 81/2019), la disciplina del
lavoro pubblico e, in particolare, quella del  trattamento  economico
accessorio, deve essere  ricondotta  alla  materia  dell'«ordinamento
civile» e per cio' solo, ai  sensi  del  richiamato  art.  117  della
Costituzione, ascritta  alla  competenza  esclusiva  del  legislatore
nazionale e demandata da questi, per effetto del  combinato  disposto
degli articoli 40 e 45 del decreto legislativo n. 165 del 2001,  alla
contrattazione collettiva, nel rispetto dei  vincoli  di  bilancio  e
limiti derivanti dalla legge statale. 
        Inoltre,  l'incremento   del   fondo   della   sola   azienda
ospedaliera universita' di Padova, parametrato sulla base del livello
medio pro capite riferito all'anno 2018 dei fondi  delle  aziende  ed
enti del servizio sanitario regionale, e' censurabile anche sotto  il
profilo  della  violazione  dell'art.   117,   terzo   comma,   della
Costituzione, nell'ottica del coordinamento della finanza pubblica di
cui e' espressione il limite  imposto  dall'art.  23,  comma  2,  del
decreto legislativo n.  75  del  2017;  con  tale  norma  infatti  il
legislatore statale ha introdotto un  contenimento  della  spesa  per
salario accessorio del  personale  delle  pubbliche  amministrazioni,
disponendo  che  l'ammontare  complessivo  delle  risorse   ad   esso
destinate annualmente non puo'  superare  il  corrispondente  importo
determinato per l'anno 2016. 
        Al riguardo il legislatore regionale, introducendo,  ai  fini
dell'incremento del Fondo, il solo limite della spesa complessiva del
personale  del  servizio  sanitario  regionale,   di   fatto   lascia
impregiudicata la possibilita'  che  l'amministrazione  in  questione
possa superare il limite di cui all'art. 23 del  decreto  legislativo
n. 75 del 2017, con  cio',  peraltro,  violando  anche  il  principio
dell'art. 3 della  Costituzione  per  la  disparita'  di  trattamento
economico che deriverebbe al solo personale interessato  rispetto  al
restante personale pubblico su cui la legge statale e' intervenuta. 
        L'art. 28 da' attuazione all'art. 6, comma 4, della legge  n.
56 del 2019 (c.d. legge Concretezza) ai sensi del quale le regioni  e
gli enti locali adeguano i propri ordinamenti alle disposizioni della
predetta legge - recependo in particolare quanto previsto ai commi  2
e 4 dell'art. 3 della medesima legge 56/2019. Si prevede inoltre,  in
coerenza con quanto disposto all'art. 9 della legge n. 3 del  2003  e
all'art. 3, comma 61, della legge n. 350 del 2003, la possibilita' di
effettuare assunzioni anche utilizzando le  graduatorie  di  pubblici
concorsi approvate da altre amministrazioni, previo  accordo  tra  le
stesse. 
        Cio'   premesso,   si   ritengono   presenti   elementi    di
illegittimita' nell'ultimo periodo del comma 3 dell'art. 28 in esame,
ai sensi del quale «I bandi di concorso pubblicati  dalla  Regione  e
dagli enti regionali (...) possono prevedere  (...)  l'esonero  dalle
eventuali preselezioni dei candidati che al  momento  della  scadenza
del termine  per  la  presentazione  della  domanda  sono  dipendenti
dell'amministrazione che ha bandito  il  concorso  da  almeno  cinque
anni, anche in forza di contratti di lavoro flessibile.».  E  difatti
la  possibilita'  ivi   contemplata   di   esonerare   da   eventuali
preselezioni i  candidati  gia'  dipendenti,  anche  per  effetto  di
contratti di  lavoro  flessibile,  non  trova  riscontro  nel  quadro
giuridico statale, posto che l'art.  35,  comma  3-bis,  del  decreto
legislativo n. 165 del 2001 prevede, per i titolari di  contratto  di
lavoro a tempo determinato o flessibile,  procedure  di  reclutamento
con riserva dei posti o per titoli ed esami. Neppure le  disposizioni
di cui all'art. 20 del decreto legislativo n. 75 del 2017 in  materia
di  superamento  del  precariato  nelle   pubbliche   amministrazioni
contengono previsioni nel senso indicato dal legislatore regionale. 
        L'art. 28 esorbita dunque dal  potere  legislativo  regionale
incidendo  in  una  materia,  quella  dell'ordinamento   civile,   di
esclusiva competenza dello Stato, ex art. 117,  comma  2,  lett.  I),
della Costituzione.  Si  riscontra,  altresi',  un  contrasto  con  i
principi di ragionevolezza e parita' di trattamento.  In  tal  senso,
sul punto, si e' espresso il TAR Lazio, con sentenza n. 11205 del  19
novembre 2018, evidenziando che «non e' affatto scontato che l'essere
gia'  dipendente  della  medesima   amministrazione   garantisca   la
sussistenza in capo al candidato dei requisiti attitudinali richiesti
per la posizione per la quale il concorso e' stato  bandito  (...)..e
che le esigenze  di  parita'  di  trattamento  (...)  giustificano  e
legittimano la sottoposizione anche dei candidati interni alla  prova
attitudinale». 
    Per i suesposti motivi la legge regionale in epigrafe  viene  con
il presente ricorso impugnata dinanzi alla  Corte  Costituzionale  ai
sensi dell'art. 127 della Costituzione.